Quantcast
Channel: Relazioni internazionali – Pagina 237 – eurasia-rivista.org
Viewing all articles
Browse latest Browse all 164

Rivelazioni sull’assassinio di Rafiq Hariri

$
0
0

Fonte: Voltairenet 29 Novembre 2010

Molteplici conflitti in Medio Oriente si stanno ora cristallizzando attorno al Tribunale speciale per il Libano (STL). Pace e guerra dipendono da esso. Per alcuni, deve permettere lo smantellamento di Hezbollah, sottomettere la resistenza e instaurare la Pax Americana. Per altri, viola la legge e la verità per assicurare il trionfo di un nuovo ordine coloniale nella regione.
Questo tribunale è stato creato il 30 maggio 2007, con la risoluzione 1757 del Consiglio di Sicurezza, allo scopo di cercare i presunti mandanti dell’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri. Nel contesto del momento, significava né più né meno che accusare i presidenti siriano e libanese in carica, Bashar al-Assad ed Emile Lahoud, le bestie nere dei neoconservatori. Ma si è scoperto che questa pista non era basata su alcuna prova concreta, ed era stata alimentata da falsi testimoni. Non avendo nessuno da giudicare, la Corte sarebbe potuta sparire nel limbo della burocrazia, quando un colpo a sorpresa lo pone nuovamente al centro dei conflitti politici regionali. Il 23 maggio 2009, il giornalista atlantista Erich Follath aveva rivelato allo Spiegel Online, che il procuratore si stava preparando a incriminare nuovi sospetti: i capi militari di Hezbollah. Per 18 mesi, il suo segretario generale, Hassan Nasrallah proclamò l’innocenza del suo partito. Egli sostenne che questa procedura era, in realtà, volta a decapitare la resistenza per spalancare la regione all’esercito israeliano. Da parte sua, l’amministrazione statunitense si pose improvvisamente a difensore della legge, e garantisce che nessuno può sfuggire alla giustizia internazionale.
In ogni caso, l’imputazione dei leader sciiti -tutti d’accordo nel dirla imminente- per l’assassinio di un leader sunnita, probabilmente avrebbe infiammata una fitna, vale a dire unaa guerra civile musulmana, gettando la regione nel caos e in un nuovo spargimento di sangue.
In visita ufficiale a Mosca il 15 e 16 novembre, Saad Hariri, attuale primo ministro e figlio del defunto, aveva ripetuto che la politicizzazione della Corte avrebbe probabilmente infiammato nuovamente il suo paese. Il presidente Medvedev aveva detto che la Russia voleva che la giustizia passasse e condannava ogni tentativo di screditare, indebolire o ritardare l’attività della Corte. Questa posizione di principio si basa sulla fiducia a priori del Cremlino sul TSL. Ora sarà sicuramente scossa, dalle rivelazioni di Odnako.
Infatti, abbiamo voluto analizzare l’assassinio di Rafiq Hariri. Gli elementi che abbiamo trovato rivelano una nuova pista, e ci si chiede perché non è mai stata esplorata fino ad ora. Durante la nostra lunga indagine, abbiamo incontrato molti attori, troppi probabilmente, in modo che le nostre indagini sono state divulgate e hanno causato il panico tra coloro per cui l’accusa verso la resistenza armata libanese è un buon affare. Nel tentativo di intimidirci, il Jerusalem Post ha lanciato un attacco preventivo il 18 ottobre, nella forma di un lungo articolo dedicato al nostro lavoro. In modo puramente diffamatorio, si accusa l’autore di questo articolo di essere pagato un milione di dollari dall’Iran, per scagionare Hezbollah.
Torniamo ai fatti, il convoglio di Hariri fu attaccato a Beirut il 14 Febbraio 2005. L’attacco fece 23 morti e centinaia di feriti. Un rapporto preliminare commissionato dal Consiglio di Sicurezza, sottolinea le reazioni non professionali della polizia e giudici libanesi. Per andare avanti il Consiglio inviò in missione proprio investigatori e fornì deimezzi molto importanti che il Libano non ha. Fin dall’inizio di queste indagini, si ammise che l’attacco era stato perpetrato da un kamikaze che guidava un furgone imbottito di esplosivo.
La commissione delle Nazioni Unite è stata creata per colmare quella professionalità mancante ai libanesi, e si riteneva che essa avesse scrupolosamente seguito le tradizionali procedure criminologiche. Tuttavia, non fu così. L’analisi della scena del crimine, sulla base della topografia intatta e su foto e video di quel giorno, non fu compiuta in modo dettagliato. Le vittime non furono riesumate e sottoposte ad autopsia. Per anni, nulla è stato fatto per verificare il modus operandi. Dopo aver respinto l’ipotesi di una bomba sepolta sotto la strada, gli inquirenti presero in considerazione la versione del furgone, senza averla prima controllata.
Ma questa versione è impossibile: si può osservare sulla scena del crimine un profondo e largo un cratere che una esplosione sulla superficie non può scavare. Su insistenza degli esperti svizzeri che si rifiutano di avallare la versione ufficiale, il Tribunale speciale per il Libano (TSL), ha effettuato una ricostruzione a porte chiuse, il 19 ottobre. Non fu tenuta in Libano, e nemmeno nei Paesi Bassi dove ha sede il TSL, ma in Francia, uno dei pincipali stati che finanziano il Tribunale. Gli edifici della scena del crimine furono ricostruiti e del terreno di Beirut venne trasportato. Il convoglio fu ricostituito, compreso un’auto blindata. Si trattava di dimostrare che l’altezza degli edifici in cemento aveva limitato l’esplosione, di modo che l’esplosione aveva scavato il cratere. I risultati di questo esperimento costoso non sono stati divulgati.
Ciò che colpisce guardando le foto e i video ripresi subito dopo l’attentato, è soprattutto l’incendio. Ovunque rottami di auto e oggetti di ogni genere stanno bruciando. Poi ci sono i corpi delle vittime: sono carbonizzati da un lato e l’altro è intatto. E’ molto sorprendente e non ha nulla a che fare con ciò che causano gli esplosivi convenzionali. La teoria di una miscela di RDX, pentrite e TNT nel furgone del bombardiere, non spiega i danni.
Se si guardano attentamente le immagini del cadavere di Rafiq Hariri, si nota un particolare strano: il suo orologio di oro massiccio al polso è fuso, al contrario, il colletto della sua raffinata camicia di lusso è intatta intorno al collo.

Che cosa è successo?
L’esplosione ha generato un’ondata di calore eccezionalmente intensa e di durata insolitamente breve. Così, la carne esposta all’esplosione è stata bruciata immediatamente, mentre la parte inferiore del corpo non lo è stata.
Gli oggetti ad alta densità (come l’orologio d’oro) hanno assorbito il calore e sono stati distrutti. Al contrario, gli oggetti a bassa densità (come il lino fine del colletto della camicia) non hanno avuto il tempo di assorbire il calore e quindi non sono state colpiti.
Il video dimostra anche che membra di determinati cadaveri furono recisi dall’esplosione. Curiosamente, i tagli sono puliti, come se fossero statue di pietra calcarea. Non ci sono ossa rotte e sporgenti o carne strappata. Il fatto è che l’esplosione ha assorbito l’ossigeno e disidratato i corpi, che sono diventati fragili. Diversi testimoni, presenti in prossimità degli attentati, hanno anche segnalato problemi respiratori nelle ore seguenti. Erroneamente, le autorità hanno interpretato questo come la somatizzazione di un trauma psicologico.
Questi risultati sono l’abc di ogni indagine penale. Si dovrebbe iniziare con quelli, ma non sono stati inclusi nelle relazioni dei “professionisti” del Consiglio di Sicurezza.
Quando abbiamo chiesto a esperti quali esplosivi militari potrebbero provocare tali danni, si è discusso di un nuovo tipo di arma che è oggetto di ricerca da decenni e dei resoconti sono apparsi in riviste scientifiche. Una combinazione di nanotecnologie e acquisizioni nucleari è possibile che abbia proocvato una esplosione la cui potenza si controlla con precisione. Si programma l’arma per distruggere tutto in un determinato settore, calcolato al centimetro.
Secondo i nostri specialisti militari, questa arma provoca anche un danno maggiore: provoca una pressione sulla zona dell’esplosione. Quando cessa, gli oggetti più pesanti sono proiettati verso l’alto. Così, le auto saltano in aria.
Un dettaglio non inganna: quest’arma utilizza una nanoquantità di uranio arricchito le cui radiazioni sono misurabili. Tuttavia, un passeggero sulla macchina blindata di Rafiq Hariri, è sopravvissuto. L’ex ministro Basil Fuleihan è stato trasportato in un prestigioso ospedale militare francese per le cure. I medici hanno notato con stupore, che era stato in contatto con l’uranio arricchito. Nessuno ha fatto un collegamento con l’attentato.
Tecnicamente, questa arma ha la forma di un piccolo missile di poche decine di centimetri di lunghezza. Devrebbe essere sparato da un drone. In effetti, diversi testimoni hanno assicurato di aver udito un aereo sorvolare il luogo del delitto. Quindi, i ricercatori hanno chiesto agli Stati Uniti e Israele, che lì hanno i satelliti di osservazione posizionato stabilmente, di trasmettere le immagini in loro possesso. Gli Stati Uniti avevano schierato anche aerei AWACS sul Libano, quel giorno. Questi dati avrebbero convalidato la presenza di un drone, e forse permetterebbero anche di seguirne la rotta. Ma Washington e Tel Aviv, che continuano a richiedere a tutti gli altri la cooperazione giudiziaria con il TSL, si sono rifiutati di consegnare questi dati.
In una conferenza stampa del 10 agosto, Hassan Nasrallah ha proiettato i video girato dai droni israeliani, e intercettati dalla sua organizzazione. Essi hanno osservato per mesi il movimento di Rafiq Hariri, quindi concentrare la loro sorveglianza nel punto in cui è avvenuto l’attentato. Tel Aviv avrebbe effettuato lo scouting (ricognizione. NdT), prima dell’attentato. Che, come ha sottolineato il signor Nasrallah, non vuol dire che l’ha commesso.

Chi ha sparato il missile?
Questo è il punto in cui le cose si complicano. Secondo esperti militari, nel 2005, solo la Germania era riuscita a padroneggiare questa nuova tecnologia. Così Berlino avrebbe fornito e progettato l’arma del delitto.
Quindi, possiamo capire perché l’ex procuratore Detlev Mehlis -un controverso giudice di Berlino-, ha voluto presiedere la Commissione d’inchiesta dell’ONU. Infatti, egli è notoriamente legato al servizio segreto tedesco e statunitense. In caricato nel 1986 per chiarire l’attentato contro la discoteca La Belle di Berlino, non aveva esitato a oscurare le implicazioni di Israele e degli USA, per accusare falsamente la Libia e giustificare il bombardamento del palazzo di Muammar Gheddafi da parte dell’US Air force. Nei primi anni 2000, Mehlis è stato pagato profumatamente come ricercatore presso l’Istituto di Washington per la Politica del Vicino Oriente (il think-tank della lobby filo-Israele AIPAC) e la Rand Corporation (un think-tank del complesso militare-industriale USA). Tutto ciò, mette in dubbio la sua imparzialità sul caso Hariri, e che avrebbe dovuto ricusarlo.
Mehlis è stato assistito dal Commissario Gerhard Lehmann. Questo ufficiale è anche un noto agente dell’intelligence tedesca e statunitense. E’ stato formalmente riconosciuto da un testimone, come partecipante al programma di rapimento, sequestro e tortura istituita in Europa dall’amministrazione Bush. Il suo nome è citato nel rapporto ad hoc del Consiglio d’Europa. Tuttavia, riuscì a sfuggire a ogni procedimento con un alibi tanto solido quanto poco plausibile, fornito dai suoi colleghi della polizia tedesca.
Mehlis e Lehmann hanno promosso la teoria del kamikaze e del suo furgone imbottito di esplosivo, al fine di escludere eventuali indagini sull’arma tedesca utilizzata per commettere il reato.
Campioni di terreno sono stati prelevati dalla scena del crimine. Dopo la miscelazione, sono stati divisi in tre provette che sono state inviate a tre laboratori diversi. Nelle prime due provette non hanno trovato traccia di esplosivi. La terza provetta è stata prelevata da Mehlis e Lehmann, e inviata a loro cura in un terzo laboratorio. Vi hanno trovato le tracce degli esplosivi cercati. In linea di principio, se si decide di utilizzare tre esperti legali, e si è in caso di disaccordo tra loro, si fa riferimento al parere della maggioranza. No! Mehlis e Lehmann avevano violato i protocolli. Ritenevano che solo la loro provetta fosse affidabile e hanno portato il Consiglio di Sicurezza sulla strada sbagliata.
L’indagine profondamente disonesta del duo Mehlis-Lehman, non ha più bisogno di essere dimostrata. I loro successori l’hanno riconosciuto a denti stretti, e hanno cancellato gran parte delle procedure.
Tra le loro manipolazioni, la più famosa è quella dei falsi testimoni. Cinque persone hanno affermato di aver assistito alla preparazione dell’attentato e hanno accusato i presidenti Bashar al-Assad ed Emile Lahoud. Mentre con queste accuse accendevano il calderone della guerra, i loro avvocati hanno dimostrato che stavano mentendo e l’accusa s’è sgonfiata.
Sulla base di queste testimonianze false, Detlev Mehlis arrestò, a nome della comunità internazionale, quattro generali libanesi e li fece incarcerare per quattro anni. Penetrando come cowboys a casa di tutti loro, senza mandato della magistratura libanese, hanno anche interrogato i membri del loro entourage. Con i suoi assistenti che parlano tra di loro in ebraico, ha cercato di manipolare le famiglie. Così, a nome della comunità internazionale, ha presentato le finte fotografie alla moglie di uno dei generali, per convincerla non solo che il marito le nascondeva il suo coinvolgimento nel delitto, ma che la ingannava. Allo stesso tempo, ha provato una manovra simile con il figlio di un “sospetto”, ma questa volta cercando di convincerlo che sua madre era una donna ‘allegra’, e suo padre, disperato, era sprofondato in una sorta di follia omicida. L’obiettivo era quello di provocare un delitto d’onore all’interno della famiglia e, quindi, rovinarne l’immagine di persone rispettabili e rispettate.
Ancora più incredibile, Lehmann ha suggerito a uno dei quattro generali che avrebbe lasciato il carcere, se avesse accettato di testimoniare il falso nei confronti di un leader siriano.
Inoltre, il giornalista tedesco Jürgen Cain Külbel aveva portato alla luce un particolare inquietante: era impossibile provocare un’esplosione con un telecomando o utilizzare un faro sul bersaglio, se non disattivando il potente sistema interferenza di cui il convoglio di Rafiq Hariri era dotato. Sistema tra i più sofisticati al mondo, prodotto in Israele…
Külbel è stato avvicinato da un noto attivista filo-palestinese, il professor Said Dudin, per promuovere il suo libro. Ma Dudin, moltiplicando le dichiarazioni oltraggiose, cercò soprattutto di sabotarlo. Külbel, ex ufficiale della polizia criminale dellaGermania Est, presto scoprì che Dudin è da lungo tempo noto per essere un agente della CIA infiltrato nella sinistra tedesca. Ha pubblicato relazioni ex-tedesco-orientale attestanti il fatto ed è stato poi condannato per divulgazione illecita di documenti ed imprigionato, mentre Dudin, s’installava nell’ambasciata tedesca a Beirut, e tentava di infiltrarsi nelle famiglie dei quattro generali.
Passato inosservato in Medio Oriente, il ruolo della Germania in questa regione deve essere sottolineata. La Cancelliera Angela Merkel ha inviato un contingente molto importante, per partecipare alla Forza Interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL), dopo la guerra condotta da Israele contro il Libano nell’estate del 2006. I 2.400 soldati tedeschi controllano il dispositivo navale per bloccare le armi rifornite alla Resistenza attraverso il Mediterraneo. In quella occasione, la signora Merkel aveva detto che la missione dell’esercito tedesco era quello di difendere Israele. Questo discorso ha causato un’ondata di ribellioni tra gli ufficiali. Centinaia hanno scritto per ricordarle che si sono impegnati a difendere la loro patria, non uno stato straniero, fosse anche alleato.
Fatto senza precedenti, il 17 Marzo 2008 a Gerusalemme, e il 18 gennaio 2010 a Berlino, i governi tedeschi e israeliani hanno tenuto un consiglio dei ministri comune. Essi hanno adottato vari programmi, tra cui per la difesa. In questa fase, non ci sono molti segreti tra le Forze di Difesa israeliane e la Bundeswehr.
L’inchiesta di Detlev Mehlis non solo è caduta nel ridicolo dei testimoni falsi, ma nell’illegittimità dell’arresto di quattro generali. Al punto che il gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria del Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, è intervenuto per condannare questo abuso di potere.
Tuttavia, la stigmatizzazione del lavoro di Mehlis non dovrebbe colpire il Tribunale speciale per il Libano, che non è responsabile per le sue manipolazioni. Ma ancora una volta, le cose si complicano. La credibilità del TSL dipende dalla sua capacità di espellere, in primo luogo, tutti coloro che hanno cercato di nascondere la verità e di accusare falsamente i presidenti Bashar al-Assad ed Emile Lahoud per provocare una guerra. La Corte ha rifiutato di giudicare i falsi testimoni, dando l’impressione che essa copre solo il periodo di Mehlis, e persegue politiche simili (questa volta contro Hezbollah, forse domani contro altri). Peggio ancora, la Corte ha rifiutato di consegnare a Jamil Sayyed (uno dei quattro generali illegalmente imprigionati), il verbale di audizione delle persone che lo accusavano, impedendogli di chiedere un risarcimento e, quindi, dando l’impressione di coprire quattro anni di detenzione arbitraria.
Più prosaicamente, la Corte ha abdicato alla sua responsabilità. Da un lato, deve cercare di scoraggiare falsi testimoni e nuove manipolazioni, per dimostrare la sua imparzialità, dall’altro non si impegnerà in una operazione “mani pulite”, in cui forse verrebbe arrestato il procuratore Mehlis. Tuttavia, le rivelazioni di Odnako sulla pista tedesca, rendono questa strategia non sostenibile. Soprattutto dal momento che è già troppo tardi: il Generale Jamil Sayyed ha presentato una denuncia in Siria e un giudice siriano ha accusato il procuratore Detlev Mehlis, il commissario Gerhard Lehman e cinque falsi testimoni. Immaginate la confusione cui giungerà il TSL, se la Siria chiede all’Interpol di arrestarli.
Lo scopo della Commissione Mehlis era quello di portare professionalità che mancava alle forze di sicurezza libanesi, così come il TSL doveva fornire quell’imparzialità che potrebbe mancare in tribunale libanese. Si è lontani da un rendiconto, e si pone la questione della legittimità di questa istituzione.
Kofi Annan voleva che il Tribunale per il Libano non fosse un tribunale internazionale, ma un tribunale nazionale libanese di carattere internazionale. Si sarebbe basato sul diritto libanese, pur essendo per metà composto da giudici internazionali. Non fu possibile, perché il negoziato fu tagliato corto. O meglio, un accordo fu raggiunto con il governo libanese del momento, presieduto da Fouad Siniora, ex avvocato aziendale di Hariri, ma non fu ratificato né dal Parlamento né dal presidente della Repubblica. Improvvisamente, questo accordo è stato unilateralmente approvato dal Consiglio di sicurezza (risoluzione 1757 del 30 maggio 2007). Pertanto, il TSL è ibrido e fragile.
Come ha affermato Kofi Annan, questa corte è diversa da uno dei tribunali accertati finora dalle Nazioni Unite. “Non è un organo sussidiario delle Nazioni Unite, né un membro della magistratura libanese”, è solo un “corpo convenzionale” tra l’esecutivo delle Nazioni Unite e l’esecutivo libanese. Se si riferisce al requisito internazionale della separazione dei poteri e dell’indipendenza della magistratura contro l’esecutivo, non possiamo considerare il TSL una corte reale, semmai una commissione disciplinare congiunta degli esecutivi di Libano e Nazioni Unite. Qualunque sia la sua decisione, sarà vista con sospetto.
Peggio ancora, in qualunque momento, qualunque governo libanese può mettervi fine, perché l’accordo non essendo stato ratificato, impegna solo il precedente governo. Come risultato, la coalizione di governo attuale del Libano è diventato un campo di battaglia tra sostenitori e oppositori del tribunale. Nel tentativo di preservare la stabilità del governo, il Presidente della Repubblica, Michel Suleiman, scoraggia la settimana dopo settimana il Consiglio dei ministri su un voto su una qualsiasi questione relativa al TSL. Questa diga non reggerà sempre.
Le cattive notizie non arrivano mai da sole, il sospetto ha ormai raggiunto il presidente della TSL, Antonio Cassese. Questo noto esperto di diritto internazionale è stato presidente del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. Ma il signor Cassese è un convinto sostenitore della colonizzazione ebraica della Palestina. Amico personale di Elie Wiesel, ha ricevuto ed accettato un premio onorario dalle sue mani. Si sarebbe dovuto ricusare e dimettersi, quando Hassan Nasrallah ha rivelato che i droni israeliani avevano sorvegliato per mesi gli spostamenti della vittima e la scena del crimine.
Peggio ancora, il giudice Cassese incarna una concezione del diritto internazionale che divide il Medio Oriente. Anche se ha rimosso l’articolo dal suo curriculum ufficiale, nel 2005 ha partecipato ai negoziati tra gli Stati membri dell’Unione europea e del Mediterraneo (Processo di Barcellona). La sua definizione di terrorismo aveva bloccato le discussioni. Aveva detto che il terrorismo è esclusivamente il lavoro di individui o di gruppi privati, non degli Stati. Ne consegue che la lotta contro un esercito di occupazione non può essere considerato come “resistenza” ma come “terrorismo”. Nel contesto locale, questa posizione giuridica è all’interno dell’ordine coloniale e squalifica il TSL.
I metodi del Tribunale speciale non differiscono da quelle della Commissione Mehlis. Gli investigatori hanno raccolto numerosi file: gli studenti libanesi, i beneficiari della sicurezza sociale, gli abbonati all’energia elettrica e all’acqua del Libano. Il 27 ottobre, hanno anche provato, senza la presenza dei giudici libanesi, a prendere con la forza le cartelle cliniche di una clinica ginecologica frequentato dalle mogli dei membri di Hezbollah. Tutte queste indagini sono ovviamente estranee all’assassinio di Rafiq Hariri. Tutto porta i libanese a credere che le informazioni fossero destinati ad Israele, di cui il TSL, ai loro occhi, non è che una mera emanazione.
Tutti questi problemi erano stati ampiamente previsti dal Presidente Putin, che aveva proposto, senza successo, nel 2007, un’altra versione della risoluzione che istituisce il Tribunale speciale. L’ambasciatore Vitalij Churkin aveva denunciato le “scappatoie” nel sistema. Era indignato dal fatto che il Consiglio di sicurezza rischiava di usare la forza (capitolo VII) per creare unilateralmente questo “corpo convenzionale”. Aveva sottolineato che il Tribunale doveva lavorare per la riconciliazione dei libanesi, ma è stato progettato in modo che vi si opponesse ancor di più. In definitiva, la Russia – come la Cina-, ha rifiutato di approvare la risoluzione 1757.
Eppure, la verità emerge poco a poco. Intercettazioni video dai droni israeliani, resi pubblici da Hezbollah, mostrano la preparazione d’Israele del delitto. I fatti rivelati da Odnako mostrano l’uso di sofisticate armi tedesche. Il puzzle è quasi completo.

Thierry Meyssan http://www.voltairenet.org/article167602.html 29 Novembre 2010
Analista politico francese, fondatore e presidente della Rete Voltaire e della conferenza Axis for Peace. Pubblica rubriche settimanali si occupano di politica estera nella stampa araba e russa. Ultimo libro pubblicato: L’Effroyable imposture 2, ed. Bertrand JP (2007).
Fonte: Odnako (Russia) – Settimanale d’informazione generale. Redattore capo: Mikhail Leont’ev.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://www.aurora03.da.ru
http://www.bollettinoaurora.da.ru
http://sitoaurora.xoom.it/wordpress/

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmailFacebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

Viewing all articles
Browse latest Browse all 164

Trending Articles